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Film intergalattici

Non è un caso se tra le pietre miliari della storia del cinema appaia tra le prime opere su pellicola un cortometraggio che descrive il viaggio di un gruppo di scienziati sulla superficie lunare: quale tematica poteva meglio mostrare le possibilità di trucchi ed effetti cinematografici, se non l’onirico immaginario che da sempre accompagna l’idea di potersi muovere tra le infinite dimensioni dello spazio, in mezzo a stelle e pianeti?

Era il 1902 e le tecniche cinematografiche ancora tutte in via d’elaborazione, eppure George Méliès riuscì nel suo capolavoro Viaggio nella Luna a creare un’icona destinata a rimanere nel tempo uno dei simboli del cinema stesso: la celeberrima Luna che, grazie a una doppia esposizione con carrello, progressivamente s’ingrandisce sullo schermo ed emerge in primo piano dalla cornice di nuvole che la circonda, rivelando il suo volto umano (ottenuto attraverso un trucco di montaggio), giusto in tempo per veder arrivare la navicella spaziale che le si conficcherà in un occhio.

Viaggio nella Luna, fotogramma – George Méliès

Nasceva così il cinema di fantascienza, anche se per altri cinquant’anni lo si sarebbe chiamato cinema di finzione, accostandolo a opere incentrate su trame fantastiche e sull’uso sempre più massiccio di effetti speciali; è nel secondo dopoguerra, infatti, che la fantascienza esce dall’ambito adolescenziale in cui i suoi prodotti venivano inseriti per rivolgersi al grande pubblico, sempre più affascinato dalle scoperte missilistiche e aereospaziali stimolate dalla corsa allo spazio intrapresa dalle due superpotenze americana e russa.

In questi anni, lo spazio si configura sì come ambiente di scoperta, ma anche e soprattutto come un luogo oscuro, i cui abitanti spiano e tramano contro il popolo terrestre; ovviamente con le dovute eccezioni! Un esempio tra tutti, l’opera di Jack Arnold, ricordato soprattutto per le sue pellicole horror, che ne I figli dello spazio regala un’immagine del tutto nuova delle entità aliene: creature simili a enormi cervelli che grazie all’emissione di onde cerebrali entrano in contatto con alcuni bambini, al fine di aiutarli a sventrare la minaccia alla pace mondiale, rappresentata da una recente invenzione satellitare ad opera di alcuni gruppi militari.

La svolta anticipata da autori come Arnold, divenuto noto proprio grazie alla scelta di portare avanti tematiche ancora viste come sconvenienti e anticipando di gran lunga problematiche poi sempre più attuali quali il rispetto delle minoranze, verrà ripresa e ampliata dai registi della New Hollywood in America e della Nouvelle Vague in Francia. Tra gli anni ’60 e ’70 la scoperta di nuovi mondi diventa infatti il leitmotiv per toccare argomenti scottanti: dal sesso delle avventure erotiche interstellari della Barbarella di Roger Vadim alle riflessioni satiriche sul futuro dell’umanità in cult come Il pianeta delle scimmie di Franklin Schaffner e 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick.

James Fonda protagonista di Barbarella di Roger Vadim

Dai primi successi di pubblico alla nascita di opere alla conquista di spettatori di massa il passo è breve: prima George Lucas con Guerre Stellari (1977), poi Robert Wise con Star Trek (1979), riescono a dare il via a una produzione cinematografica destinata ad accreditarsi nelle generazioni a venire un pubblico sempre più vasto. Grande contributo al loro successo è certamente dato dai forti investimenti non solo nelle produzioni, ma anche nel merchandising a esse ispirato, e certo non è un caso che The Walt Disney Company abbia acquistato i diritti di entrambe; tuttavia, è forse proprio l’attrattiva di queste pellicole a stare alla base delle scelte imprenditoriali, più che l’abilità dei pubblicitari ad attrarre le più varie fasce di pubblico.

L’opera di George Lucas, del resto, ci offre un esempio di come il potere intrinseco di opere che fondano la loro immagine pubblicitaria stuzzicando la fantasia dell’audience e ancorandosi all’idea di un futuro di scoperte tecnologiche e scientifiche sempre più incredibili, sia in realtà racchiuso nella sempre contemporanea capacità del genere epico di entrare in empatia con lo spettatore e scavare in aspetti sempre complessi della coscienza umana. Le tematiche che nei rivoluzionari anni Settanta più facevano presa sui giovani fruitori del cinema rimangono fino a oggi attuali e Lucas ha la capacità di inserirli in un racconto interstellare: alla base della trilogia originale il rapporto padre-figlio, in primis, riconosciuto come nodo emblematico dalla psicologia degli esordi fino ai più moderni approcci, sempre più interessati dal problema della ricerca delle origini e dei legami di sangue. Non meno evidente la multietnicità, questione sempre più impellente nell’era delle migrazioni intercontinentali di massa, vista come possibilità di incontro di figure e mondi diversi e non come fonte di conflitto; Lucas non si limita a proporre un universo di personaggi dalle svariate fattezze, ma utilizza egli stesso un approccio che è espressione della sua cultura figlia delle più diverse tradizioni: dalle lingue ispirate a dialetti tribali (la lingua Jawa ottenuta velocizzando lo Zulu, quella Ewoks nata da un miscuglio tra nepalese e tibetano, quella parlata da Greedo ispirata al sudamericano Quechua) ai riferimenti a registi che hanno ispirato l’opera, primo fra tutti Akira Kurosawa e il suo La sfida dei Samurai. Perfettamente inserito nella rivoluzione sessuale sessantottina e la conseguente emancipazione femminile è anche il ruolo che le donne giocano nelle prime pellicole: non a caso l’acconciatura della Principessa Leila si ispira alle mujeres del Messico, le rivoluzionarie dei primi del Novecento; a cogliere appieno la portata moderna di quest’immagine della donna è la stessa Disney che affida il ruolo da protagonista de Il risveglio della forza a una giovane senza famiglia che scoprirà di avere in sé capacità straordinarie. E la più pregnante delle idee alla base dell’opera, ovvero quella che bene e male non siano due denotazioni qualitative bensì due poli opposti tra cui l’universo si bilancia, è alla base del successo della seconda trilogia, in cui Lucas sviluppa la storia di Dart Fener e quindi le origini del male, che non ha deluso i più affezionati spettatori degli anni Ottanta.

La speranza è che, nonostante la delusione rivelata dal botteghino degli ultimi due titoli dell’epopea, la prossima pellicola, prevista per il 2019, sia capace di riprendere tematiche così forti e dare loro un senso altrettanto nuovo e coinvolgente

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Sara Ferrari

Nata e cresciuta nelle valli bergamasche a fine anni 80, con una gran voglia di viaggiare, ma poca possibilità di farlo, ho cercato il modo di incontrare il mondo anche stando a casa mia. La mia grande passione per la letteratura, mi ha insegnato che ci sono viaggi che si possono percorrere anche attraverso gli occhi e le parole degli altri; in Pequod faccio sì che anche voi possiate incontrare i mille volti che popolano la mia piccola multietnica realtà, intervistandoli per internazionale. Nel frattempo cerco di laurearmi in filosofia, cucino aperitivi e stuzzichini serali in un bar e coltivo un matrimonio interrazziale con uno splendido senegalese.

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