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Musica dallo Spazio per suites planetarie

Un’enorme orchestra diretta da Adrian Boult vuole riprodurre la vastità dell’Universo. È il 29 settembre 1918 e viene eseguita per la prima volta presso la Queen’s Hall, The Planets (I Pianeti), una suite composta dall’inglese Gustav Holst. La suddetta orchestra è la London Symphony Orchestra, niente meno, nella sua formazione più grassa: un esercito di archi, una miriade di strumenti a fiato, tutte le percussioni che vi immaginate (dal tamburello al gong e mezza dozzina di timpani), una celesta, due arpe e un organo; così, per non farsi mancare nulla. La grande passione di Holst per l’astrologia e la teosofia, insieme alle influenze di Gustav Mahler e Arnold Schömberg riguardo alle manie di gigantismo orchestrale, fa nascere questa suite imponente, composta da sette movimenti:

Mars, the Bringer of War,

Venus, the Bringer of Peace,

Mercury, the Winged Messenger

Jupiter, the Bringer of Jollity

Saturn, the Bringer of Old Age

Uranus, the Magician

Neptune, the Mystic

La Terra non è evidentemente inclusa. Ogni movimento corrisponde a uno dei pianeti del Sistema Solare e ripropone i caratteri degli Dèi della mitologia greca. Marte, il portatore di guerra è un brano dalla musica imponente, con un ritmo in 5/4 che solo ansia sa dare, anche grazie alle forti dissonanze; è il brano più famoso della suite e ha sicuramente influenzato i successivi compositori di colonne sonore di film ambientati nello spazio infinito. Venere, la portatrice di pace è un movimento sereno e dolce, in fondo rimane sempre il pianeta più luminoso e brillante del cielo (ed è donna!). Mercurio, il messaggero alato è leggero, rapido e scattante; gira velocissimo intorno al Sole. Giove, il portatore di allegria è GIOVIALE, ma anche scoppiettante e solenne allo stesso tempo; del resto, è il pianeta più grande di tutti. Saturno, il portatore della vecchiaia era il brano preferito di Gustavo e ha una scansione ritmica che inevitabilmente riconduce il nostro orecchio al ticchettio di un orologio; sarà il tempo che passa? Urano, il mago è energico, concitato e grottesco. Infine Nettuno, il mistico rappresenta quello che all’epoca era considerato il misterioso pianeta che stava nei remoti meandri dello spazio fino allora conosciuto.

 

Da qui il tema dello spazio e dell’Universo, le stelle, i pianeti e tutte quelle belle lucine scintillanti è spesso stato oggetto d’ispirazione per i musicisti; qualche esempio pop?

A Frank Sinatra sarebbe piaciuto un sacco che qualcuno lo accompagnasse in un viaggio sulla romanticissima Luna cantando Fly me to the Moon . I Beatles, dopo un viaggio a Oriente e qualche sostanza allucinogena sognano di attraversare l’Universo; un Universo nuovo per cambiare il mondo intorno a loro con Across the Univers. David Bowie mi sa che alzava spesso lo sguardo al cielo e tra un capolavoro e l’altro, lanciò il Maggiore Tom nello spazio dalla Space Oddity.

 

Ispirazioni ed evocazioni. Tutto diventa ancora più interessante quando la musica incontra la scienza: il brano Alba Mundi di Giorgio Costantini è composto nella tonalità della Terra.

Più di tutto è affascinante l’idea che sta alla base di questo processo compositivo: poter ascoltare le note eseguite dai pianeti con la loro oscillazione intorno al Sole. Parliamo di oscillazioni non percettibili all’orecchio umano per via della loro bassissima frequenza e per il vuoto circostante che ne impedisce la diffusione.

In una struttura di nove battute, intona con i bassi, utilizzandoli come impianto per la costruzione armonica, le nove note eseguite dai pianeti del Sistema Solare, nell’esatto ordine di distanza dal Sole. Mercurio è un DO diesis, in LA dell’orbita di Venere, la Terra come Mercurio, il RE di Marte, il FA diesis, Giove è FA, Saturno come Marte, Urano e Nettuno cantano in SOL diesis, Plutone in DO diesis.

La tesi del compositore: «Fin dai tempi di Keplero, in modi ed epoche diverse sono stati scritti molti brani sui pianeti e già Archimede nell’ antica Grecia associava gli intervalli musicali alle stelle erranti. Ma dove entravano la matematica e l’astronomia con le loro leggi fisiche, sparivano l’estetica musicale e la bellezza. Così molti autori (come Gustav Holst in The Planets) hanno preferito musicare i pianeti in base alla loro rappresentazione mitologica: Marte dio della guerra, Venere dea della bellezza, Giove padre degli dei con la sua maestosità, e così via.
Quello che ancora non ero riuscito ad ascoltare era una composizione sui pianeti che affondasse le radici su solide basi matematiche, ma fosse al tempo stesso strutturato come un piacevole brano musicale
».

 

Alba Mundi è stato composto basando l’impianto armonico su nove preudo-note eseguite dai pianeti. Al termine del brano possiamo ascoltare il suono del Sistema Solare, accelerato in velocità di 68 miliardi di volte, quindi 36 ottave, per poter essere udibile all’orecchio umano: è il suono di 2177 anni di vita del Sistema Solare.

Le note dei pianeti sono ottenute dal calcolo matematico applicato ai relativi periodi di rotazione intorno al Sole, corrispondenti all’inverso della frequenza di rotazione. Il principio è il seguente: a ogni corpo con oscillazione periodica costante nel tempo corrisponde una frequenza di oscillazione (espressa in Hertz) e una precisa nota musicale.
La formula matematica per il calcolo della nota è la seguente:

dove F è la frequenza dell’oscillazione del pianeta (nel nostro caso, per oscillazione intendiamo la rotazione attorno al sole), n(semit) è l’intervallo musicale in semitoni a partire dal DO0 (il primo DO a partire da sinistra sulla tastiera di un pianoforte, corrispondente alla frequenza di 32,7031956626 Hz).
La frequenza di rotazione del pianeta è ottenuta dall’ inverso del periodo di rotazione intorno al Sole, calcolato in secondi.

La tastiera in alto nella figura è un’ipotetica tastiera di 12 ottave dove possono essere collocate le frequenze di oscillazione dei pianeti. Per poter arrivare a delle frequenze udibili, dovremmo all’incirca triplicare l’estensione di questa tastiera (come raffigurato nella parte bassa dell’immagine) per poi finalmente accostare un pianoforte a coda reale.

Udire il non udibile della vastità dell’Universo.

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Sara Alberti

Nata sulle colline bergamasche nel 1989, percuoto dall’età di otto anni, quando ho iniziato a studiare batteria e percussioni da orchestra nel Corpo Musicale Pietro Pelliccioli di Ranica (W la banda!). Dopo essermi barcamenata tra le varie arti, la Musica ha avuto la meglio e mi è valsa una laurea in Musicologia. Profondamente affascinata dal vecchio e dall’antico, continuo a danzare e suonare nella Compagnia per la ricerca e le tradizioni popolari “Gli Zanni” e per il mio grande amore balcanico Caravan Orkestar. Su questa nave di pirati sono la responsabile della sezione Nuove Premesse, della cambusa e della rubrica musicale.

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