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Quel che c’è dietro: il debutto di Matrioska

Oggi Pequod salpa alla scoperta dei nuovi apprendisti registi della provincia di Varese, esplorando uno dei cortometraggi di tesi di regia proiettati il 28 giugno 2015, presso l’istituto Cinematografico Michelangelo Antonioni di Busto Arsizio, vincitore del Premio Miglior Regia assegnato dall’Icma.

Insieme alla neoregista Viola Folador che ha esordito con Matrioska e con l’attrice Giulia Marolli che ha interpretato il ruolo di Omega, seguiamo la genesi di questo singolare progetto.

Matrioska parla di marionette, ingranaggi, chiavi, assistenti, acrobati, serrature, difetti, errori, pregi e molto altro.

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Viola, classe 1993, inizia a recitare all’età di quattro anni, si innamora del cinema e delle magie, delle fatiche che si nascondono dietro la videocamera, i copioni, scoprendo poi che proprio quello è lo spazio in cui è destinata a stare. Con naturalezza si approccia quindi al mondo della regia cinematografica, preferendolo a quello teatrale. Decide così di iscriversi all’Istituto, perché da grande catturerà i dettagli delle scene migliori. Oggi, Viola ci svela i segreti del suo duro lavoro.

Come nasce un cortometraggio, si scrive come un libro?

«La scrittura di un film è completamente diversa, come in un libro si parte dall’idea e si riscrive, si riscrive! Matrioska è nato da un’immagine: il mio ragazzo e un amico vicini, così alti, magrissimi, con l’aria malinconica, mentre erano su un set. Prendo spunti da qualsiasi cosa, scrivo di quello che conosco, perché una storia è sempre in evoluzione».

La scelta della marionette è molto singolare, come si scelgono le persone che dovranno impersonare degli automi? Perché questo titolo?

«Il titolo nasce dal fatto che la storia si sviluppa su diversi piani e livelli come delle scatole cinesi. Matrioska è una storia che parla dei ruoli che nella vita tutti noi occupiamo, ci sono dentro persone, racconti.

Perché le marionette? A metà dell’opera  me lo sono chiesta anche io, ma mi piaceva l’idea di mostrare qualcosa che di solito ha bisogno di una guida. La selezione degli attori è stata durissima. Recitare nei panni di un automa è complesso, gli attori dovevano essere molto credibili. Abbiamo organizzato un open casting per tutti i corti e dopo un lungo percorso di osservazione ho scelto i miei attori.

Sono sempre stata molto chiara con loro su cosa esigessi, ma ora sono felice e soddisfatta, tutti sono stati impeccabili».

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È quindi possibile realizzare un corto con un budget ai limiti del low cost?

«Quando dico quanto ho speso per Matrioska le persone non ci credono. Creare un corto costa molto, specie se si vuole ottenere qualcosa di livello, ma allo stesso tempo si cerca di fare miracoli con quel che si ha.

La scuola ci ha fornito parte del materiale e la location, io ho dovuto fare mesi di sacrifici per pagare il noleggio materiale di fotografia e fonica, ma la fortuna di questo corto sono le trentadue persone che hanno accettato di lavorare per quattro e più giorni gratuitamente in nome dell’affetto per il progetto».

L’interpretazione e la recitazione di un copione sono aspetti complessi  del cinema, quanto la regia, oggi Giulia Marolli racconta a Pequod la sua esperienza nel corto di Viola.

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Hai avuto l’occasione di collaborare sia a progetti teatrali che cinematografici, com’è il tuo rapporto con i due mondi e come lavori sul tuo ruolo?

«Il mio personaggio è Omega, una marionetta creata ispirandosi a un mio difetto: essere solitaria e chiusa. Quando reciti, non sei più te stesso, sei il personaggio, io di solito parto con l’avvicinarmi agli aspetti che ho in comune con esso, per poi conoscerlo, scoprirlo.

Il mio grande amore è il teatro e ho avuto la fortuna di imparare quel poco che so da Viola; è dove si impara a recitare ed è propedeutico per chi voglia fare cinema. Questo corto è stata una sfida contro il tempo e noi stessi».

 

Busto Arsizio, cinema, cortometraggi, featured, istituto Cinematografico Michelangelo Antonioni


Vanessa Martinoli

Dalla primavera del 1994 procedo per tentativi la maggior parte delle volte, inizio, infatti, studi classici per poi abbandonarli e lanciarmi verso le scienze umane, tra i cui meandri mi innamoro di Montale e scelgo di iscrivermi a Lettere Moderne. Introversa per natura, preferisco scrivere, piuttosto che parlare. Sono sistematicamente attratta dal colore, dalle forme, da tutto ciò che è arte e da chi non si vergogna di esprimere, ma non distinguendomi particolarmente su tela, prediligo carta e inchiostro, così vago per le gallerie d’arte di Milano e provincia e scrivo di quello che c’è di bello in circolazione.

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