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Il sogno di Cherry tra pattini e longuette, un salto nell’America degli anni ’50

Accade passeggiando nei centri città, che si apra tra la monotonia delle luci patinate delle vetrine una finestra su un immaginario diverso, angoli dove colori e forme spiccano per originalità e creano varchi spaziotemporali nell’omologazione della società attuale. Psycho Cherry Shop è una di queste porte nel tempo, da scovarsi in centro Bergamo, per ritrovarsi catapultati nell’America degli anni ’50.

Cherry, la proprietaria, è una bambolina dalla rossa frangia arricciata in stile rockabilly e la gonna sotto il ginocchio, il sorriso aperto e la voce dolce. A un secondo sguardo, però, ci si accorge dei tatuaggi che decorano le sue braccia e dei piercing al volto, in linea con la personalità forte che emerge dai suoi racconti.

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Quando le chiedo delle origini della sua passione, Cherry sorride ricordando la sua adolescenza: «Frequentavo gli ambienti punk, soprattutto la scena musicale; crescendo i miei gusti si sono affinati: è stata la musica a farmi avvicinare agli anni ’50 e a farmi incontrare questo stile. Le persone pensano che mi vesta da bambola, ma in realtà io trovo molto comoda la longuette a vita alta. Lo stile rockabilly è molto versatile: in negozio arrivano clienti dai 12 ai 70 anni, sia le gonne sia le camicette sono portabili in diverse occasioni e sfruttabili nella vita di tutti i giorni».

Proprio dalla volontà di accontentare tutti, in un certo senso, nasce l’idea di aprire questo negozio: «Non ho mai amato essere vestita come tutti gli altri, mi è sempre piaciuto esprimere la mia personalità. Quand’ero più giovane, con gli amici dovevamo spostarci da Milano fino a Londra per trovare vestiti punk o rockabilly; era difficile indossare qualcosa di veramente unico perché i negozi che vendevano cose originali erano pochi. Così quando, dopo anni di lavoro da commessa, sono stata licenziata, ho chiesto a me stessa: io realmente nella vita cosa voglio fare? Ed eccomi qui!».

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Caratteristica degli anni ’50 in America è la forte presenza femminile: molti uomini sono impegnati nell’esercito e le donne occupano il loro posto nella società, non solo nel mondo del lavoro, ma anche nelle realtà sportive. In particolare, si appropriano di uno sport che oggi è quasi totalmente femminile: il roller derby. «Guardando youtube, la forza di queste donne che si colpiscono correndo sui pattini mi ha subito affascinata! – racconta Cherry – Il primo contatto diretto con una squadra è stato durante un festival: io lavoravo alla bancarella del negozio e alcune ragazze del team di Milano si sono avvicinate per propormi un allenamento. Ho provato e non mi sono più fermata!».

Nel 2013 Cherry fonda le Crimson Vipers di Bergamo, una squadra che oggi conta 19 rookies (giocatrici effettive) e 13 fresh-meat, in attesa di superare l’esame teorico e pratico che darà loro accesso alle competizioni. «Uno degli aspetti affascinanti del roller derby è che non è una disciplina definita: il suo regolamento è in continua formazione e bisogna mantenersi sempre aggiornati. Inoltre, non essendoci una strutturazione manageriale come negli altri sport, ma solo una lega internazionale e alcune leghe in poche nazioni, il contatto tra le giocatrici di squadre diverse è molto diretto: capita che rookies in vacanza vadano ad allenarsi con il team del posto in cui si trovano e spesso ci si confronta tra squadre».

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«Il roller derby, oltre ad essere fortemente basato sulla strategia, richiede una consapevolezza del proprio corpo che non si limita a quella data dalla forza fisica: ci si deve buttare! I miglioramenti sono rapidi e ci acquisisce maggior sicurezza di sé».

Uscendo dal negozio con queste ultime frasi nella testa, mi rendo conto che dell’America di oggi ci siamo dette poco o niente, ci siamo concentrate su passato e futuro, e più che di prodotti di consumo, abbiamo parlato di stili di vita che si esportano, nello spazio e nel tempo. Allontanandomi lungo il marciapiede, riguardo quella vetrina: a Bergamo c’è una finestra che ci dice che l’American Dream non si è spento e può essere più italiano che mai.

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Sara Ferrari

Nata e cresciuta nelle valli bergamasche a fine anni 80, con una gran voglia di viaggiare, ma poca possibilità di farlo, ho cercato il modo di incontrare il mondo anche stando a casa mia. La mia grande passione per la letteratura, mi ha insegnato che ci sono viaggi che si possono percorrere anche attraverso gli occhi e le parole degli altri; in Pequod faccio sì che anche voi possiate incontrare i mille volti che popolano la mia piccola multietnica realtà, intervistandoli per internazionale. Nel frattempo cerco di laurearmi in filosofia, cucino aperitivi e stuzzichini serali in un bar e coltivo un matrimonio interrazziale con uno splendido senegalese.

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