La casa è il vostro corpo più grande
La casa è il vostro corpo più grande. Vive nel sole e si addormenta nella quiete della notte; e non è senza sogni.
Kahlil Gibran
Accade, entrando in casa d’altri, di sentirsi partecipi di sfumature della personalità del nostro ospite mai incontrate prima; così come accade, aprendo la porta della propria casa, di accogliere l’altro in ambiti di noi stessi prima celati, i più personali e fragili. Gli ambienti in cui viviamo diventano spesso tele su cui dipingere il proprio autoritratto e in cui riconoscersi, su cui autoproclamare noi stessi.
Ma quando l’immagine di noi stessi è un riflesso incerto, cosa succede ai nostri muri, alle nostre stanze?
Entrando nelle case di chi ha votato la propria vita a una sostanza esterna a sé, vittime di dipendenze cui dedicano tutti i propri sforzi, si è investiti da una sensazione forte di contraddizione: accumulo e vuoto. Ammassi di soprammobili, riviste, indumenti, dischi, documenti, immondizia, stoviglie, libri sullo sfondo di muri che si sgretolano mangiati dalla muffa, armadi che crollano e si svuotano, porte che si scardinano. Uguali i loro occhi: pieni di vita, passato, ricordi; pieni soprattutto di vuoti, mancanze, perdite.
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