Skip to main content

Canti d’amore al Cimitero Monumentale

Articolo di Matteo Oufti

Fotografie di Martina Balgera

Una donna va a trovare il marito defunto. Piange in silenzio tra l’indifferenza generale: come in un qualsiasi altro parco o museo a cielo aperto, la gente passeggia e fa foto alle statue. C’è una bella luce, un’atmosfera che fa sentire dentro un’opera di Caravaggio, un riposo durante la fuga in Egitto. La Madonna col bimbo sta chiusa nella sua solitudine e non servono a niente Giuseppe, né l’angelo, né la loro musica che non conforta. Sullo sfondo è dipinto un sole che quasi sbeffeggia, un cielo sereno che se ne frega di ogni sofferenza, di qualsiasi condizione, dell’umano dolore, della sciura Maria e di qualunque altra sciura che cambia i fiori dei cari.

bambina bambola

Di quadretti famigliari se ne trovano parecchi al cimitero. Storie di madri con pargoli in grembo scolpite nella pietra; infanti di fine Ottocento strappati all’amore dei cari; giovani vite spezzate all’improvviso. Sulle lapidi è scritto che la morte ha rapito quel tale fanciullo, ha rapito un innocente; che anche un altro fantolino è stato rapito; rapito, rapito, rapiti, tutti rapiti… Rapire. Un verbo che ricorre spesso tra le frasi sulla pietra, quasi a voler dire che la morte è scorretta, che ha agito illegalmente, che non è giusto quello che ha combinato; quasi a cercare di celare un’imprecazione rivolta a chi ha commissionato i rapimenti, quasi una bestemmia rivolta all’assassino nascosto dietro a quel cielo sereno. Tra le gallerie poco oltre l’entrata principale, sopra al Famedio (dove sono sepolti Manzoni, Franca Rame, Gaber, Turati ed altri “milanesi illustri e benemeriti”), tra le grandi sculture si vede una madre che allatta il bambino, rapito pure lui. La malinconica tenerezza della scena di famiglia si sposa con le figure sintetizzate e le linee informali ma fredde dell’Art Nouveau.

amoreMaterno

Nel progettare il Monumentale (1860), l’architetto Maciachini si ispirava, per il maestoso ingresso, ai sontuosi palazzi del Settecento, con vasti piazzali per permettere l’arrivo delle carrozze. L’organizzazione degli spazi riprende gli schemi ordinati degli agglomerati urbani della Roma classica. La corte dei defunti si sviluppa quindi partendo dalle città e da edifici adibiti alla festa spensierata. In questo modo si impone la vita sull’ultraterreno, sulla tanto temuta fine. Il cimitero inoltre, con la presenza di verde, invita la popolazione a entrare e a viverlo. Come a Copenhagen o in altri cimiteri nordeuropei, dove la gente fa jogging o passeggia con il cane tra le tombe, il cimitero milanese si propone di essere un luogo in cui vita e morte convivono, senza che l’una tema l’altra. La morte viene vista con la serenità con cui si pensa al destino, ai sentimenti, alle passioni; con la naturalezza con cui esiste alla pari della rabbia, della gioia, dell’amore.

amore

Dove, se non qui, si dovrà parlare di eros e thanatos, del loro scontrarsi e del loro abbracciarsi? Una coppia passeggia; lei tiene la reflex in mano, scatta una foto e dà un bacio al ragazzo. Anche le statue si guardano, si amano, si spogliano con il disappunto dei puristi. Emblematico è il caso della tomba della famiglia Branca (anche questa situata al di là del Famedio, stavolta sul lato destro, vicino al monumento ai caduti progettato da BBPR e a fianco del Civico Mausoleo Palanti, complesso architettonico di stampo fascista). Il gruppo scultoreo dei Branca prevedeva in passato anche la presenza di una donna nuda; la statua è stata però presto rimossa perché considerata troppo succinta per il gusto dell’epoca e purtroppo è andata perduta. La sensualità al cimitero non è comunque stata debellata: per godere di qualche esempio basta procedere quasi costeggiando la ferrovia, dove si trova una bianca dama nuda dormiente. E poi baci, baci silenziosi, come quello del fortunato monumento Volonté-Vezzoli realizzato da Quadrelli o quello eterno di due bronzi sperduti in mezzo ai defunti.

dama bianca

Fuori la morte dal cimitero, insomma. Ecco cosa sembrano urlare i marmi e le pietre del Monumentale. Poco resta da dire in proposito: devono essere le immagini ad evocare ed argomentare. Per fruire le più importanti realizzazioni scultoree ed architettoniche del cimitero è necessario, appena entrati, chiedere una piantina all’info point (aperto dalle 10 alle 13 dal martedì al venerdì); per esulare dall’ambito prettamente storico-artistico e godere delle mille sfaccettature della vita e dell’amore che si alternano invece, non si ha altra scelta se non quella di perdersi e di lasciarsi trasportare.

amoreConDiviso

In copertina ph. Alberto Albertini [CC BY-SA 4.0/Wikimedia Commons]

art nouveau, cimitero, Milano, monumentale, morte, viaggio