Italiani in viaggio sulle tracce del benessere
La convenzione di Schengen, sottoscritta a partire dal 1990, e la conseguente apertura delle frontiere europee per un libero passaggio di merci e persone hanno dato inizio a ingenti flussi migratori e spostamenti temporanei tra i 26 stati aderenti. Per i giovani appartenenti oggi a uno stato europeo è ovvia la possibilità di recarsi in qualsiasi altro stato membro della Comunità, munito soltanto di un documento di riconoscimento; lo stesso non vale sia per chi è di altre generazioni, sia per chi vive in uno dei numerosi paesi che non hanno questa fortuna.
Contemporaneamente, anche le frontiere intercontinentali sono diventate meno invalicabili e l’uomo occidentale moderno, estremamente facilitato a spostarsi da un capo all’altro del mondo, si è qualificato per la sua esigenza di viaggiare, di mettere alla prova se stesso, di fare della propria vita un’esperienza continua. I giovani italiani oggi hanno l’imbarazzo della scelta circa la selezione di una destinazione diversa da quella natia; programmi di scambio all’estero, possibilità di stage e di esperienze formative in qualsiasi luogo del mondo hanno reso l’uomo migrante, non più solo per necessità e per desiderio di scoperta, come avveniva in passato, ma anche per l’esigenza di affermarsi come individui in altro luogo. Individualismo e realizzazione di sé sono inclinazioni caratterizzanti le società moderne occidentali e lo spostarsi sta diventando parte integrante di questo processo, una sorta di passaggio dovuto.
Il viaggio, inclinazione insita da sempre nella natura umana, è oggi anche sostenuto da una comune visione: l’incapacità del nostro paese di offrire opportunità ai più o meno giovani di realizzazione personale, di studio, di lavoro, di qualità della vita. Gli ultimi dati forniti dall’Istat circa le migrazioni permanenti prendono in analisi i dati del 2014: rispetto all’anno precedente, le cancellazioni dall’anagrafe di cittadini italiani per l’estero sono aumentate dell’ 8,2 %, raggiungendo le novantamila unità.
Le principali mete di destinazione risultano Germania, Regno Unito, Svizzera e Francia; stati appartenenti all’Unione Europea che presentano stili di vita e abitudini culturali molto simili all’Italia, permettendo un facile adattamento dei giovani migranti, e che allo stesso tempo offrono condizioni economiche più favorevoli, grazie alle quali è più semplice costruirsi una carriera e cavalcare aspirazioni di crescita e guadagno. Le politiche di questi paesi sono volte a favorire l’immigrazione di imprenditori e laureati stranieri, con lo scopo di aumentare posti di lavoro e crescita economica; una politica che è totalmente estranea all’Italia. Nelle classifiche ritroviamo anche destinazioni dove è assai più complicato risiedere in maniera permanente: Stati Uniti e Canada, ad esempio, sono mete molto ambite dagli italiani, nonostante una politica di visti molto serrata.
Se è vero che la migrazione italiana all’estero è in definitiva caratterizzata dalla ricerca di condizioni economiche migliori, come dimostra il fatto che le scelte ricadano principalmente sui Paesi che sono stati meno afflitti dalla crisi economica e che fanno dello sviluppo e della crescita un loro punto di forza, i dati Istat rivelano un panorama migratorio dalle esigenze molto più variegate, che non possono essere limitate al mero fattore finanziario. Le statistiche già nel Maggio 2009 indicavano quasi 4 milioni di italiani residenti all’estero e più di 2 milioni di unità familiari iscritte all’anagrafe estera, proporzione che si è mantenuta pressoché costante negli anni. Il dato porta a riflettere tanto sulle evidenti carenze dello stato italiano nell’assistenza ai nuclei familiari, quanto sull’effettiva qualità della vita nella penisola mediterranea.
Un numero non esiguo e sempre crescente di italiani, infatti, sceglie di migrare al solo scopo di trovare stili di vita alternativi e lontani da quelli del vecchio continente, spostandosi verso mete più “esotiche” con l’intento di cambiare drasticamente e in modo permanente le proprie abitudini e certezze. Eclatante è stato il movimento migratorio verso le campagne australiane, che ha portato lo stato dei marsupiali ad irrigidire le politiche sugli ingressi; ma non meno consistenti sono gli spostamenti verso il Sud Est asiatico, che offre modeste possibilità di guadagno ma stili di vita a basso tasso di stress.
Da queste analisi, emerge la necessità impellente di una riflessione politica che si interroghi sul significato del concetto di “qualità della vita”. Se da un lato è evidente che la certezza di un lavoro stabile e una sicurezza economica costituiscono la principale esigenza dei giovani italiani, non meno intensa è la ricerca di un ambiente familiare e lavorativo meno nevrotizzato. In un mondo dove il possesso di beni sembra ormai essere interiorizzato come un’esigenza primaria, sempre più giovani viaggiano in cerca di una realtà diversa, dove ricchezza e benessere non necessariamente coincidono.
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