Storie al limite, letteratura e avventura da Jules Verne a William Gibson
«Ascolta: i tuoi libri sono innocui, mentre li leggi tu diventi Tarzan o Robison Crusoe…»
«Ma è per questo che mi piace leggerli!»
«Già, ma quando hai finito ritorni a essere un bambino.»
«E allora? Non capisco…»
«Senti: sei mai stato il capitano Nemo, intrappolato nel tuo sottomarino, mentre la piovra ti sta attaccando?»
«Sì.»
«E non tremavi all’idea di non farcela?»
«Mmm… È solo un racconto…»
«Esattamente quello che dicevo io: i libri che leggi tu sono innocui.»
Con questo dialogo Wolfgang Petersen nel 1984 dava avvio all’avventura del suo film, ispirato al libro di Michael Ende, La Storia Infinita. Il tremolio nella voce di Bastian, il giovane protagonista, mentre si finge troppo impavido per intimorirsi di fronte ad un racconto, è il primo segnale della smentita di quanto nel dialogo si vorrebbe provare, nonché la tesi che scrittore e regista sostengono attraverso la loro opera: i libri sono tutt’altro che innocui.
Nel film si racconta la difficoltà di entrare nell’età adulta, dal punto di vista di un ragazzino che è diviso tra la propria personalità, caratterizzata da una fantasia sconfinata, e il dettame sociale di dare rilevanza solo a quanto si afferma come realisticamente tangibile. Il protagonista dovrà entrare fisicamente nel mondo di Fantàsia per capire lo stretto legame che lega immaginazione e realtà; emblematizzato nel suo grido: «Darò ascolto ai miei sogni!».
Bastian è un impavido lettore e un collezionista di romanzi d’avventura: vanta una libreria di 186 volumi dei più disparati autori. Tra i primi citati quelli di Daniel Defoe, che apre un genere letterario che avrà sviluppi impensabili: con le peregrinazioni per mare di Crusoe e le descrizioni di isole ignote, da un lato si inserisce nella tradizione che da Omero al Medioevo veicola, mediante il racconto epico, principi morali e culturali; dall’altro dà voce alla voglia d’esplorazione che caratterizza il XVII secolo. Lo stretto legame tra la sua opera e lo spirito dell’epoca in cui vive è evidente: Defoe e con lui gli autori che si inseriranno nel genere, da Stevenson a Salgari, esprimono i sogni di una società in cui l’uomo si riscopre viaggiatore e avventuriero. Missionari ed esploratori partono alla ricerca di terre lontane, e gli scrittori suggeriscono loro sempre nuove mete.
Alla fine dell’ ‘800 il mondo è ormai discoperto all’uomo occidentale, ma la fantasia dei romanzieri non si è esaurita. È in questi anni che nasce Jules Verne, colui che verrà considerato il padre della fantascienza. Non è un caso che tra le sue prime pubblicazioni ci sia la ricostruzione del viaggio di Cristoforo Colombo; più che la verità descrittiva, all’autore stanno a cuore le potenzialità dell’intelletto umano. Scienza e romanzo sembrano, attraverso l’opera di Verne, procedere di pari passo: dalle scoperte in aerostatica e aeronautica applicate in Cinque settimane in pallone e Il giro del mondo in 80 giorni, alle immersioni subacquee di Ventimila leghe sotto i mari; dalle congetture pseudoscientifiche di Viaggio al centro della Terra ai viaggi spaziali Dalla Terra alla Luna e Attorno alla Luna.
Il cammino che l’evoluzione sociale e la letteratura d’avventura, realistica prima e poi fantascientifica, hanno intrapreso, vedrà sempre i due fronti procedere in parallelo. Nei primi anni del Novecento, gli scrittori si guardano allo spazio, sulla possibilità aperta dalle novità tecnologiche di esplorare nuovi mondi e conoscere intelligenze aliene; altrettanto affascinanti sono le ricerche verso la formazione di un’intelligenza artificiale: in seno al genere fantascientifico si forma Karel Čapek, padre del termine robot, apparso per la prima volta nel suo Rossumovi univerzální roboti (I robot universali di Rossum) e derivato dalla parola ceca robota, schiavitù.
Negli anni ’60 e ’70 gli hippies cercano la strada per abbattere i muri della comunicazione psichica e Timothy Leary analizza gli effetti degli stupefacenti sintetici; gli scrittori si spostano verso una scrittura surrealista, concentrata su psicologia e visioni psichiche, portavoce dello sdoganamento di tematiche come il sesso, la fede religiosa, il pacifismo. Negli anni ’80, tanto la ricerca scientifico-tecnologica quanto la letteratura fantascientifica si concentrano sulle telecomunicazioni; all’entusiasmo per la rapidità di connessione mondiale, si accompagnano timori e denunce: i futuri distopici di William Gibson ad esempio sollevano paure e diffidenze che si riflettono nelle titubanze di ordine morale all’origine del conflitto tra scienza e società. Un onflitto che si protrae fino ad oggi.
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