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Mese: Marzo 2015

Innovazione e tecnologia in TV: tra iPhone e iPad ecco come comunica una Modern Family

Modern Family è una serie che non ha bisogno di presentazioni. Vincitrice per cinque anni consecutivi agli Emmy Awards come Miglior serie Comedy ha fortemente innovato, anno dopo anno, il panorama televisivo delle cosiddette sitcom. Ed è proprio di innovazione che si parlerà in questo articolo.
Per citare l’ormai celeberrima espressione di Britney Spears, Ooops…they did it again!, l’hanno fatto ancora: Steven Levitan e Christopher Lloyd con l’ultimo episodio andato in onda il 25 Febbraio negli States, dal titolo Connection Lost, hanno nuovamente dato prova di come anche il genere, spesso stigmatizzato, delle comedy possa regalare delle sorprese.

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L’intero episodio, con una durata di più di 21 minuti, è stato girato su iPhone e altri dispositivi Apple, e ci viene presentato interamente sul desktop di un PC. Visto dal punto di vista di Claire, l’episodio ci mostra tutti i personaggi della serie senza mai uscire dallo schermo del suo Mac.
Fino a qualche anno fa sarebbe sembrata un’operazione forzata, ma oggi le famiglie “moderne” (almeno negli US) comunicano spesso in questo modo: Whatsapp, Facebook, FaceTime o altre videochiamate in genere. In questo episodio il multitasking, al quale ormai siamo abituati nel relazionarci alla vita di tutti i giorni, viene trasformato in uno straordinario strumento narrativo.

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La cosa che colpisce non è tanto l’uso di queste tecnologie in sé, che già in passato più volte sono state occasionalmente inserite in questa e in altre serie o film, quanto piuttosto l’abilità di Levitan e Lloyd di riuscire a mantenere una tensione narrativa per tutti i 20 minuti dell’episodio girando integralmente con questi supporti. Claire infatti non si limita a video conversare con i propri familiari, ma contemporaneamente controlla Facebook, legge le mail, risponde ai messaggi, cerca su Google, naviga su siti di moda, ecc… Ed è proprio attraverso questi mezzi che cerca di risolvere il “giallo” della sparizione della figlia Haley.

Julie Bowen, Ty Burrell, Modern Family

L’inevitabile onnipresenza dei prodotti Apple (che si dice non abbia pagato compensi in product placement, ma abbia invece fornito alla produzione gli iPhone, gli iPad e i MacBook utili alla realizzazione, anche in fase di post produzione) non distoglie l’attenzione del lettore dal sussiego della storia, ma si cerca anzi di ricreare situazioni che appaiano realistiche e credibili. Per questo non stupisce che l’idea di questa puntata sia venuta a Levitan mentre videochiamava con la figlia.
In questo senso anche nel cinema ci si è già mossi in questa direzione: al Toronto Film Festival è stato presentato un cortometraggio, Noah (video), anch’esso interamente girato sullo schermo del computer di un adolescente.

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Da qui le possibilità sono due. Questo può rimanere semplicemente un esperimento ben riuscito, oppure la relativa economicità dei mezzi utilizzati (iPhone, iPad, ecc…) rispetto alle normali strumentazioni, porterà all’emulazione, nella televisione, ma anche nel cinema. La possibilità di cimentarsi nella produzione audiovisiva allora diventa davvero alla portata di tutti e forse ciò porterà dei significativi cambiamenti all’industria televisiva e cinematografica per come la conosciamo. Ok, forse esagero, ma mai dire mai.

Charango, il simbolo di un ideale

Il charango è uno strumento caratteristico della musica sudamericana, in particolare dell’altipiano andino (ovvero l’area che comprende Bolivia, Equador, Perù e la parte settentrionale di Argentina e Cile).

Quando gli spagnoli introdussero nelle loro colonie l’antica vihuela de mano (italianizzato: viella. Era uno strumento musicale della famiglia dei liuti diffusosi verso la fine del Quattrocento), il termine distingueva lo strumento dalla vihuela de arco, sinonimo della viola da gamba o della viella medievale. Assomigliava molto alla chitarra e come questa, veniva suonata pizzicando le corde con le dita.

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Una volta arrivata in Sudamerica, insieme a liuti e mandolini, attirò moltissimo l’attenzione delle popolazioni locali tanto che gli indios, adattandola alle proprie esigenze espressive, iniziarono a costruirla utilizzando come cassa armonica la corazza del quirquincho: l’armadillo.

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Oggi, la corazza degli armadilli, essendo animali a rischio estinzione, viene sostituita con il legno. Lo stesso discorso vale per le corde: se prima erano realizzate in budello, ora si preferisce il nylon (che oltretutto permette di avere maggior precisione dell’accordatura). Inoltre, negli altipiani andini, è diffuso e caratteristico l’uso di charangos con corde metalliche sottilissime che danno allo strumento una sonorità molto particolare.

È uno strumento a cinque corde doppie (che non vuol dire dieci, ma “cinque coppie”; sulla scia del mandolino) che possono essere suonate con la tecnica punteada, a pizzico, o con la tecnica rasgueada, eseguendo delle ritmiche con accordi.

Nella tradizione boliviana e peruviana lo strumento viene suonato durante i corteggiamenti: i giovani suonatori attraverso un particolare rituale, apportano delle modifiche allo strumento per migliorarne il suono. In questo modo aumenterebbero le probabilità di conquistare il cuore della ragazza in questione.

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La popolarità del charango in Cile assume significato di simbolo: rappresenta la cultura stessa del popolo, i suoi aneliti di libertà, il desiderio atavico di restaurazione di una giustizia sociale.

Questo fatto ha procurato da parte del regime di Pinochet una censura contro chiunque suonasse questo strumento: nella prima settimana dopo il colpo di stato, l’esercito organizzò un incontro con i musicisti folk ai quali annunciarono che gli strumenti tradizionali (charango e quena – il flauto indio) erano, d’ora in avanti, vietati.

Per esempio, uno dei gruppi cileni più famosi, gli Inti Illimani, venne costretto all’esilio dopo il golpe del 1973: esuli forzati che in quell’anno fecero la loro prima tournèe europea dal sapore dolceamaro. Durò fino al 1888. Per tutto questo arco di tempo, ai membri del gruppo, l’Italia riconobbe il diritto di asilo politico: i musicisti vivevano a Roma, da dove continuarono ad appoggiare le campagne per la restaurazione della democrazia nella loro patria.

Si può quindi parlare del charango come di un “perseguitato politico” e ciò lo fa diventare ancor più il simbolo di un ideale che, se vogliamo, trascende la semplice cultura musicale.

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In copertina ph. Pugliesig [CC BY-SA 4.0/Wikimedia Commons]

Aegee VS Europe

This week Pequod meets Aegee had a chat with the members of Aegee Bergamo. They’re students or former students who are constantly involved in organising activities for Erasmus students and in promoting Aegee spirit in Italy. We asked one of them some questions, very similar to those we usually ask Erasmus students.

 

1. Describe your country in three words (or phrases, or ideas, or places, or people…).

Enchanting, multicultural, self-defeating

aegeebg

2. How would you describe Aegee?

Aegee is not just a student association, it’s a new world of friendship and great experiences that you couldn’t try out if it!

3. What does AEGEE mean for you?

New skills, speaking foreign languages with students like me in my town, travelling around Europe.

"In our togetherness (as a team), castles are built" Irish proverb
“In our togetherness (as a team), castles are built”
Irish proverb

4. First three things that come up to your mind when you think about Europe. Do you consider yourself European?

Freedom, opportunities, travels. I consider myself Italian and European.

5. What’s Erasmus for you?

Actually, a lot of friends and parties in Bergamo, I have not been in Erasmus yet!

La lunga strada per il riconoscimento



Gennaio 2014: allo stadio La Cisterna di Santiago del Cile i padroni di casa scendono in campo con le nuove divise, di colore bianco-rosso-verde-nero come da tradizione e una particolare grafica dei numeri che campeggiano sulle spalle dei giocatori, come ogni muta da calcio vuole. Ogni numero è disegnato in modo da richiamare la forma di un particolare stato. O quasi-stato, o regione. Anche la definizione è difficile, perché i padroni di casa sono l’Atletico Palestino e la parte di mondo stilizzata sul retro della maglia è proprio la Palestina. Tale operazione, messa in atto come segno di sensibilizzazione nei confronti della situazione palestinese, è costata alla società una multa di 1300 dollari, dopo che il presidente di un’altra squadra del campionato, il signor Patrick Kiblinski del Ñublense, ha segnalato alla federazione il fine politico della manifestazione. I giocatori hanno reiterato l’operazione successivamente, questa volta scendendo in campo con la bandiera palestinese tatuata sulle braccia, che è costata altri 17000 dollari di multapalest1.

L’Atletico Palestino è una realtà che dal 1920 rappresenta in Cile il più folto gruppo di palestinesi all’esterno del mondo arabo (si stima siano circa 500,000 persone) e che, puntualmente, vive di frizioni con l’altrettanto corposo gruppo di origine ebraica che popola il paese andino. Le origini dell’emigrazione in Sud America hanno radici lontane, nella metà del XIX secolo, che ha visto approdare in Argentina prima e Cile poi, moltissimi abitanti della zona fra la Palestina e la Giordania. I locali li hanno da lì etichettati come “turcos”, in quanto rifugiati provenienti da quello che si chiamava ancora Impero Ottomano e la denominazione ha assunto anche valore dispregiativo nell’opinione pubblica e sulla carta stampata.

I fatti del 2014 hanno ribadito che, sebbene il cieco razzismo dei primi del ‘900 si sia molto affievolito, il contrasto fra palestinesi (i tifosi del Palestino) ed ebrei/israeliani (come il signor Kiblinski) è sempre attivo; ora ardente, ora latente, in qualsiasi parte del globo.

Intere biblioteche sono state scritte, fiumi di parole riversati, mesi e mesi di trattative condotte, ma non è chiaro come la frattura, nella terra promessa, possa essere sanata. La via politica è stata intrapresa anche in Europa, otto paesi appartenenti all’UE (Repubblica Ceca, Bulgaria, Romania, Ungheria, Svezia, Malta, Polonia, Slovacchia) hanno riconosciuto lo Stato di Palestina ufficialmente, la stessa UE lo ha fatto con la risoluzione 2014/2964 dello scorso dicembre. In generale, 121 paesi nel mondo hanno ufficializzato la dignità internazionale del paese.palest3

E l’Italia? Pochi giorni fa sono state approvate dal Parlamento due mozioni in contrasto fra loro: l’una, a firma del PD, impegna il nostro paese a riconoscere lo Stato di Palestina in parallelo al proseguimento degli accordi di pace, l’altra, proveniente da NCD e AP, inverte le precedenze, creando una certa oscurità sulla posizione che il nostro paese ha assunto, andando a scontentare entrambe le parti in causa, che in Italia, in Cile e in ogni paese del mondo, stanno ancora cercando una soluzione.

I giorni – Venezia

Potrebbe essere una guida alternativa di Venezia, una guida senza indicazioni – niente Piazza San Marco, niente Ponte di Rialto, niente Ponte dei Sospiri o Lido per prendere il sole, semplicemente quotidianità di chi a Venezia non è solo di passaggio, ma ci vive.

L’unica indicazione utile potrebbe essere quella di partire dalla stazione ferroviaria di Santa Lucia o da Piazzale Roma, e camminare senza mete precise inoltrandosi sempre più nel cuore di Venezia: una città che sa essere sì caotica e piena di turisti ma anche silenziosa ed estremamente tranquilla, talmente tranquilla che se si è fortunati è possibile ascoltare il suono di un pianoforte venire da quella finestra aperta lassù. Ed è soprattutto in questa tranquillità che si notano maggiormente i particolari di tutti i giorni.

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