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Una mano dal passato per bambini del futuro

Alle porte di Bergamo, tra viali alberati e parchi giochi, c’è un negozio che vende alle famiglie quello che altri bambini non usano più: si chiama Secondamanina, e tra giocattoli, vestitini, culle ed altri accessori, conta più di cinquemila pezzi.
La curiosità di scoprire come nasce una realtà di questo tipo, come funziona e come riesce ad integrarsi in una comunità ci ha portato dietro le vetrine del negozio, a sbirciare tra i coloratissimi articoli e fare quattro chiacchiere con Tayla, la proprietaria.
“Quando ho avuto mia figlia, mi sono accorta di quante cose necessiti un bambino e di come le sue esigenze cambino velocemente: ho iniziato a scambiare con altre mamme le cose che non servivano più per altre di cui avevo bisogno, e così è nata l’idea di aprire il negozio”. A Secondamanina, infatti, chiunque può portare quello che ai propri figli non serve più: dopo una valutazione, gli articoli vengono esposti e possono essere acquistati da chi ne ha bisogno.
Da quando è nata, quest’attività è diventata una certezza per molte famiglie: chi compra sa di star scegliendo oggetti di qualità ad un prezzo minore, e chi vende sa di star dando nuova vita a quello che non usa più.
Ma chi sono i clienti di Secondamanina? “Nonne e neo-genitori sono i visitatori più frequenti, ma spesso contano su di noi anche famiglie al secondo o terzo figlio: quando si ha più di un bambino piccolo in casa servono tantissime cose e da noi si può risparmiare”
Abbiamo chiesto infine se ci fosse differenza tra clienti italiani e stranieri: “per la maggior parte, si rivolgono a noi clienti italiani, oppure famiglie di provenienza est-europea, dove negozi di seconda mano sono molto diffusi”.
Nonostante oggi in Italia la bassa natalità sia una questione rilevante, Secondamanina è una realtà che funziona e un punto di riferimento per ogni tipo di famiglia.

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Martina Ravelli

Sono Martina e sono nata vent'anni fa nel paesino della bergamasca dove ancora vivo e da cui ogni tanto mi piace scappare per vedere qualcosa di nuovo. Per paura di dimenticare quello che vedo e la voglia di avere sempre qualcosa da ricordare, nel mio zaino non manca mai una fotocamera, un quadernino e una penna. Cosciente di questa mia ossessione e incoraggiata dalla passione per le arti, dopo il diploma al liceo linguistico mi trasferisco e studio per un anno al DAMS di Bologna: l'assenza di un contatto diretto con l'arte però mi porta ad abbandonare i portici di via Zamboni e tornare a Bergamo, dove ora studio Nuove tecnologie dell'arte all'Accademia Carrara e faccio volontariato nella galleria d'arte moderna e contemporanea GAMeC. Qui su Pequod mi occupo di grafica e fotoreportage, sezione di cui sono responsabile.

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