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Una Sala da Thè per l’integrazione

Laura e Lamin sono seduti di fronte a me, 20 anni entrambi, lei dinamica ed entusiasta, lui più timido e riflessivo; Laura è italiana e studia psicologia a Bergamo, Lamin viene dal Senegal ed è un cuoco. Hanno storie e origini molto diverse, ma entrambi fanno parte di Sala da Thè, il nuovo “gruppo informale multietnico” con sede a Bergamo, che, come recita la loro presentazione su Facebook, è “volto a comprendere i bisogni primari tanto quanto i desideri e le ambizioni profonde di migranti e non”. Laura mi spiega che il gruppo è nato a gennaio 2019 dall’esigenza di fare qualcosa di concreto per favorire l’integrazione e lo scambio con i migranti, vista anche la situazione politica attuale che decisamente non rema in questa direzione. «Molti di noi operavano già singolarmente come volontari in centri d’accoglienza, ma ci siamo chiesti cosa potessimo fare di concreto come gruppo, perché qualcosa bisognava fare, e abbiamo quindi deciso di creare Sala da Thè».

Un incontro di Sala da Thè a Bergamo (foto di Sala da Thè, Tutti i Diritti Riservati).

Un nome decisamente curioso, ma che serve a sottolineare il carattere informale e aperto a tutti del progetto: «La sala da thè è un posto informale dove chiunque può entrare, non serve essere “qualcuno” (…) e dove qualunque persona può esprimere liberamente le proprie idee e avanzare delle proposte riguardo la tematica dell’immigrazione». Il gruppo, composto per ora da una quindicina di ragazzi e ragazze italiane e una decina di migranti, è molto eterogeneo e ognuno fornisce il suo apporto personale mettendo a disposizione le proprie competenze: «C’è chi lavora in uno studio legale, chi in un CAS (Centro di Accoglienza Straordinaria, ndr), chi fa l’educatore, ecc. Abbiamo cercato di raccogliere più esperienze possibili per dare un supporto ai migranti e sopperire alla mancanza di servizi e figure professionali che al momento non ci sono, ma dovrebbero esserci».

Lamin racconta che è stato proprio l’avvocato che lo segue nel processo di richiesta d’asilo a spingerlo a partecipare agli incontri di Sala da Thè e gli ha presentato alcuni membri. In particolare, Lamin si sofferma sull’aiuto che il gruppo fornisce con le pratiche burocratiche: «Quando uno [dei migranti] deve andare in questura, se c’è qualcuno [di Sala da Thè] che è libero lo accompagna. Così con loro va tutto bene».

Tuttavia, Sala da Thè non vuole fornire solo un supporto “pratico” ai migranti, ma anche e soprattutto essere un luogo di condivisione per permettere a tutti di sentirsi compresi e di realizzare i propri sogni e aspirazioni. Quando Laura mi parla di questo obiettivo tanto ambizioso, in un primo momento ammetto di sentirmi un po’ scettica sulla fattibilità del progetto, ma lei non esita a farmi un esempio specifico: “Ci sono due ragazze del gruppo che amano cantare e vorrebbero far conoscere il proprio talento su YouTube. Noi, allora, le abbiamo aiutate a girare un video di una loro canzone a Bergamo. Certo, ottenere i documenti è importante, ma noi crediamo ci sia anche dell’altro”.

Un momento della cena benefit del 16 marzo organizzata da Sala da Thè (foto di Sala da Thè, Tutti i Diritti Riservati).

È proprio con questo spirito che Sala da Thè ha organizzato diversi eventi per far conoscere il gruppo sul territorio e allargare la sua rete di contatti e relazioni. Il primo è stato una cena benefit di presentazione del progetto con un menù senegalese preparato dai ragazzi, tra cui ovviamente anche Lamin, cuoco di professione. È proprio mentre parliamo del “suo” cibo che Lamin, fino ad allora piuttosto timido, improvvisamente si anima e, mentre cerca di descriverci i piatti tipici senegalesi che ha preparato, gli si illuminano gli occhi. Fatica a trovare le parole in italiano, ma grazie a Google ci mostra delle foto davvero invitanti; alla fine, rinuncia a descriverceli a parole e si limita a esclamare con un gran sorriso soddisfatto: “Buonissimo!”.

Laura a queste parole sorride e mi spiega che la partecipazione alla cena è andata ben al di là delle loro aspettative e, per questo motivo, hanno deciso di riproporla in chiave di aperitivo anche per il prossimo evento del 16 marzo presso lo spazio Polaresco di Bergamo, che durerà però un’intera giornata e comprenderà diverse attività. I partecipanti di Sala da Thè proporranno infatti vari laboratori, interamente gratuiti e studiati in base alle competenze dei vari componenti del gruppo: un ragazzo abile con la macchina da cucire, ad esempio, terrà un piccolo laboratorio di sartoria, mentre altri con la passione per la pittura permetteranno a tutti di dare libero sfogo alla propria vena creativa dipingendo su tela. A seguire, ci sarà la presentazione del gruppo, l’aperitivo multietnico e la Jam Session musicale aperta a tutti: “In puro spirito Sala da Thè”, precisa Laura con un sorriso. Infine, la serata si concluderà con il concerto della band Ottocento, organizzato direttamente dal Polaresco. Non è tutto, però. Laura mi racconta con entusiasmo che stanno già lavorando a un nuovo evento per il 31 marzo, una partita interculturale di calcio a cui ci si potrà iscrivere durante la giornata di sabato 16.

Dalle parole di Laura e di Lamin capisco quanto credano nel progetto e quanto siano importanti questi eventi per loro e per tutto il gruppo. A me, in fondo, sembra che il senso del progetto di Sala da Thè stia tutto qui: nell’entusiasmo di Sara e nel “buonissimo!” esclamato da Lamin mentre parla dei suoi piatti con gli occhi luminosi.

 

In copertina: Laura e Lamin (Tutti i Diritti Riservati).

“Giù la maschera!”, il primo LGBT Pride di Bergamo

Il 23 giugno 2018 sarà una data importante per Bergamo: si terrà infatti il primo LGBT Pride nella storia della città. Una manifestazione che, nonostante sia la prima nel suo genere per Bergamo, si rifà in parte alle tradizioni del territorio. Lo slogan dell’evento “Giù la maschera”, infatti, ci spiega Lorenzo Vergani, membro del comitato organizzatore di Bergamo Pride, «è nato proprio dall’importanza delle maschere nella cultura bergamasca, basti pensare a personaggi come Arlecchino o Gioppino». Oltre al rimando alla tradizione, però, come recita il manifesto politico dell’evento, la maschera simboleggia da un lato “l’oggetto dietro al quale tante persone LGBTQI (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer e intersessuali) bergamasche si nascondono oggi per paura di essere giudicate”, dall’altro sta ad indicare la facciata di perbenismo e decoro che spesso nasconde in realtà pregiudizi radicati nella popolazione.

E’ proprio per sradicare questi pregiudizi che tutti, a prescindere dal loro orientamento sessuale, sono invitati a partecipare alla manifestazione, sia alla parata finale del 23 giugno che ai vari eventi ad essa legati che la precederanno, a partire dal corteo di apertura del 19 maggio. La manifestazione, infatti, si sta gradualmente trasformando in un evento onnicomprensivo: «Diverse realtà e associazioni culturali del territorio ci hanno scritto proponendo collaborazioni ed eventi collaterali, che speriamo vadano quindi ad aggiungersi alle due manifestazioni principali in programma». Obiettivi ambiziosi, insomma, nonostante nella fase iniziale dell’organizzazione non siano mancati vari intoppi. Tra questi figura anche lo slittamento della data, inizialmente fissata al 26 maggio, deciso da Arcigay a causa dell’arrivo della salma di Papa Giovanni XXIII lo stesso giorno, sebbene non tutti gli altri organizzatori fossero d’accordo con questa scelta.

Il logo di “Bergamo Pride 2018 – Giù la maschera!”

Lorenzo ci spiega inoltre che l’idea di organizzare il Pride è stata ben accolta anche dall’amministrazione comunale. Questo non dovrebbe forse sorprendere, se si pensa che il Comune di Bergamo ospita fin dal 2011 un Tavolo Permanente contro l’Omofobia presieduto dall’Assessore alla Coesione Sociale, Maria Carla Marchesi, con la partecipazione di membri delle associazioni LGBTQI del territorio, come ad esempio ArcilesbicaxxBergamo, Arcigay Cives e Bergamo contro l’Omofobia. Bergamo è inoltre la provincia italiana con il maggior numero di iscritti alla rete R.E.A.DY. (Rete Nazionale delle Pubbliche Amministrazioni Anti Discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere) e in città non mancano altri eventi e manifestazioni culturali su temi quali identità di genere e orientamento sessuale, primo fra tutti il Festival Orlando, realizzato con il patrocinio del Comune di Bergamo.

Le iniziative di sensibilizzazione su questi aspetti a livello territoriale non mancano, insomma. Ciononostante, questo è il primo evento della comunità LGBTQI a Bergamo di questa portata e per i più giovani potrebbe trattarsi del primo Pride della loro vita. «Partecipare a un Pride significa prendere una posizione netta e questo può in alcuni casi spaventare i più giovani e frenarli dal partecipare, ma è un passo importante che aiuta a prendere consapevolezza di sé. Per questo se hanno dei dubbi consiglierei prima di venire a conoscerci e scriverci via mail (info@bergamopride.org) o tramite la nostra pagina Facebook Bergamo Pride».

Tuttavia, in un contesto sociale sempre più aperto a queste tematiche, ormai largamente dibattute dalla stampa e oggetto di campagne elettorali, ha ancora senso organizzare un Pride e scendere in piazza? La battaglia per i diritti civili non si è forse spostata su altri fronti, primo fra tutti online? «Al contrario, oggi più che mai è importante scendere in piazza in prima persona e far vedere che ci sei. Non basta ricevere un diritto sulla carta per avere pari dignità di fatto: questa si conquista quando si viene considerati cittadini come tutti gli altri anche nella diversità. A volte si ha la sensazione che sì, abbiamo ottenuto pari diritti in molti ambiti, ma siamo tuttora davvero accettati solo a patto di omologarci a quanto è considerato la “norma”, a partire da come ci si veste, a come ci si muove, al nostro stile di vita… Che significato ha avere un diritto sulla carta, se poi dobbiamo comunque mantenere una facciata di “normalità”? E’ questo il senso del Pride, far vedere che ci siamo e come siamo». Giù la maschera, insomma.

 

Aggiornamenti: il primo LGBT Pride di Bergamo avrà un’unica data, fissata per il 19 maggio 2018. Segui l’evento Facebbok per ulteriori aggiornamenti.

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