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Cieli chiari nelle notti d’Europa

Negli ultimi anni la questione dell’inquinamento luminoso nelle aree metropolitane d’Europa è diventata oggetto di interesse e preoccupazione crescenti. Salvo rarissime eccezioni, nella maggior parte delle grandi città del vecchio continente è ormai impossibile osservare una notte autentica, in cui il buio la faccia da padrone e le stelle possano risplendere nelle tenebre. Lo scenario che più verosimilmente ci offre la notte nelle metropoli è quello di una notte ovattata, di un’oscurità smorzata dai milioni di luci che la dipingono, donando al cielo sfumature chiare, giallastre, quasi tendenti al rosa, e in generale un clima surreale.

Ma anche il paesaggio notturno più inquinato dalle luci sa essere suggestivo. Nell’Europa dell’est, dove la vastità degli spazi e la minore densità abitativa rendono le aree extra urbane ancora immuni all’inquinamento luminoso rispetto ad altre parti d’Europa, le grandi città con le loro luci spiccano ancor di più e il cielo chiaro che le sovrasta di notte sembra essere più stupefacente che altrove.

Il nostro viaggio fra le capitali europee orientali comincia a Varsavia. La crescita esponenziale che ha investito la città negli ultimi decenni l’ha trasformata in un cantiere di grattacieli che si sviluppano attorno alla stazione centrale, a ridosso del centro storico ricostruito nel dopoguerra. Nei mesi autunnali e invernali la notte si staglia con prepotenza nel cielo fin dalle quattro del pomeriggio. È proprio in quel momento che si accendono i palazzi, rendendoci ancor più consapevoli della trasformazione della città in una vera e propria metropoli. I grattacieli ultra moderni si colorano a seconda delle giornate e degli eventi, contribuendo a uno spettacolo in cui il maestro d’orchestra rimane tuttavia il più vecchio fra i giganti di Varsavia, il Palazzo della Cultura e della Scienza, costruito nel 1955 in epoca sovietica, che con i suoi 237 metri rimane l’edificio più alto della Polonia.

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Palazzo della Cultura e della Scienza, Varsavia
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Nuovi grattacieli nella zona della stazione centrale, Varsavia

Spostandosi a sud-est ci troviamo nella notte di Bucarest, città che sembra non dormire mai. Le vie del centro pullulano di vetrine e locali, di insegne luminose che travolgono gli avventori, i quali nonostante il freddo pungente dell’inverno e il caldo torrido dell’estate sono inevitabilmente attratti dal cuore pulsante della capitale rumena. Camminando da un bar all’altro, da una discoteca a un fast food aperto 24/7, capita di alzare gli occhi verso il cielo e di scoprirlo magicamente tinto di un rosa surreale e incantevole, quasi a voler compensare l’assenza di stelle. E perdendosi fra le strade del centro, dove la modernità dei negozi e dell’intrattenimento si incastra in modo affascinante negli eleganti palazzi decadenti, capita di imbattersi in angoli del passato della città sorprendentemente conservati e, va da sé, perfettamente illuminati.

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Chiesa di Stavropoleos, Bucarest

Più a est, entriamo a Kiev, che con quasi tre milioni di abitanti è la città più grande e popolosa dell’Europa orientale, escludendo le metropoli della vicina Russia. La capitale ucraina è grande, la vastità delle sue piazze e dei suoi viali non lasciano dubbi sul fatto che la Mitteleuropa con le sue città dai vicoli poetici che si arrampicano verso castelli fiabeschi sia ormai lontana. Qui si respira tutta un’altra aria, quella della grandiosità a tutti costi di epoca sovietica, unita all’eleganza e alla maestosità di quello che per secoli è stato il cuore culturale, politico ed economico di una parte d’Europa. E “maestoso” è il primo aggettivo che viene in mente mentre si cammina per le otto corsie del Chreščatyk, il viale principale della città, dove luci gialle e blu brillano orgogliose e tristi, a ricordare la lotta mai finita della nazione ucraina, culminando nella ben nota Majdan Nezaležnosti, o semplicemente Majdan, dove la scritta “Ucraina” illuminata di blu ha visto trascorrere in quella piazza notti di protesta, di guerra e di speranza. Ancora, in fondo al viale, affacciato sul Dnipro, un arcobaleno luminoso sorride beffardo alla notte di una città che non si spegne mai, nonostante tutto.

 

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Hotel Ucraina, Majdan Nezaležnosti, Kiev

 

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Monumento dell’Amicizia fra i Popoli, Kiev

In copertina: Palazzo della Giustizia di Bucarest, Romania [ph. Britchi Mirela CCA-SA 4.0 by Wikimedia Commons]

Guardare oggi la storia nei paesaggi di Varsavia e Berlino

Beatrice atterra in aeroporto, di ritorno dalla Polonia; la vado a prendere con una punta d’invidia e molta curiosità: dovevo essere con lei ad esplorare una tra le più famose città teatro della Seconda Guerra Mondiale, ma gli impegni lavorativi me lo hanno impedito.
Così appena sale in macchina, la investo di domande; non vedo l’ora di sapere: «Com’è Varsavia?»
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Mi aspetto racconti di monumenti e memoriali, essendosi nella sua breve gita concentrata sulla Città Vecchia, invece Beatrice inizia descrivendomi parchi e palazzi:
«Il parco Lazienki è un’immensa distesa di verde al centro della città, intervallato da architetture sei/settecentesche. È come un giardino incantato in cui appaiono palazzi da fiaba, laghi e statue; tra cui il monumento a Chopin, uno dei più famosi di Varsavia.»
La interrompo subito: io voglio sapere del sapore di storia della città, del suo ghetto e di come i suoi abitanti ci camminino. «Ma il ghetto è rappresentato soltanto da una linea tracciata a terra che ricorda le mura che lo cingevano; puoi camminare da una parte all’altra, ma anche passarci sopra, e puoi non accorgertene nemmeno! All’interno c’è la Via della Memoria, con alcuni monumenti dedicati agli ebrei.»
«E quindi che impressione dà muoversi tra le case di Varsavia?» «La città è molto bella, ricca di palazzi colorati, di giardini e piazze; ovunque si posi lo sguardo, s’incontrano attrazioni esteticamente indiscutibili: dall’impeto della Statua della Sirena ai caldi mattoni del Castello Reale, dalla maestosità della Cattedrale di San Giovani Battista al fiabesco Barbacane. Se però cerchi un riscontro all’immagine della città di cui raccontano i libri di storia, allora ciò che ti circonda appare come un grande parco giochi: tutto è stato ricostruito, fino a non lasciare traccia dei bombardamenti subiti.»
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La mia mente, con un breve volo pindarico, si sposta alla città di Berlino, dove io e Beatrice abbiamo passato qualche giornata assieme, un po’ di mesi fa. Ovviamente penso al gigantesco Memoriale per gli ebrei assassinati d’Europa e al Museo Ebraico, ma soprattutto la mia memoria si concentra sull’atmosfera che aleggia nella città: su quei segnali di passaggio della storia e di continuo rinnovamento dei tempi che parlano in tutte le strade. Massima espressione del sincretismo epocale è l’East Side Gallery, quotidiana reinterpretazione del concetto di libertà, ma anche ultimo tracciato di un muro che sollecita la memoria storica. Con un sorriso ricordo il travagliato viaggio che abbiamo intrapreso per raggiungere il quartiere russo, dove aveva sede una collettiva di performer provenienti da tutta Europa, e i pasti a base di noodles cinesi vegetariani, mentre Beatrice si gettava nell’ennesimo kebab turco; ripenso all’accoglienza dell’ostello francese e dei suoi piccoli letti in legno e al pessimo caffè americano preso per scaldarsi dal vento di Alexanderplatz.
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Due modi diversi di interpretare la storia, due modi diversi di rapportarsi al presente: Varsavia si è raccolta in se stessa ed è oggi un piccolo gioiello settecentesco entro l’Europa del XXI secolo; Berlino si è aperta all’esterno, diventando baluardo europeo dell’internazionalità, dell’integrazione e dell’innovazione. Entrambe sono città che raccontano una storia e che si fanno emblema di come l’estetica di una città influenzi gli orizzonti anche interiori di chi la abita.
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L’altra faccia della Polonia: WROCŁAW, capitale europea della cultura 2016

Continua la collaborazione di Pequod con il magazine bolognese The Bottom Up. Questa volta abbiamo deciso di confrontare punti di vista su un evento di fondamentale importanza per l’Europa contemporanea, le elezioni in Polonia. A questo link quello che aveva scritto il nostro Matteo Fornasari sulla questione. Qui di seguito l’ottimo lavoro del collega bolognese Mattia Temporin. Buona lettura!

Tradizionalmente l’anima della Polonia è sempre stata considerata divisa in due parti dal punto di vista culturale: una parte settentrionale aperta all’Europa, al cosmopolitismo, fulcro industriale del paese dove le classi colte e alto-borghesi hanno trovato il loro habitat naturale di proliferazione; una parte meridionale dove invece la forte tradizione rurale si è unita ad un conservatorismo di stampo nazional-cattolico, riluttante nell’assimilare le novità e gli influssi che arrivavano dall’esterno. Questa divisione netta tante volte non ha tenuto conto della presenza nel sud di notevoli centri urbani, i quali hanno rappresentato nel corso dei secoli l’incontro, e la convivenza di popoli, lingue, religioni e tradizioni culturali differenti. Inoltre molte di queste città hanno vissuto buona parte della loro esistenza sotto amministrazioni non polacche, implementando ancora di più il loro variegato background culturale. Uno di questi straordinari esempi, visibile attraverso le memorie che il passato ci lascia attraverso monumenti, chiese, statue, e stili architettonici diversi tra loro, può essere pienamente rappresentato dalla città di Wrocław, capoluogo del Voivodato della Bassa Slesia, nel sud-ovest del Paese, incastonata tra Repubblica Ceca e Germania. Appartenente per più di 200 anni al regno di Prussia prima, e alla Gemania riunificata poi, fino al 1945, la vecchia Breslau sarà nel 2016 la capitale della cultura europea, condividendo il trono con la basca San Sebastián. Scopo della città designata, a partire dall’inizio del programma nel 1985, è quello di mostrare ad un ampio pubblico internazionale la sua offerta culturale, attraverso l’organizzazione di eventi differenti che coprono gli ambiti della musica, della letteratura, delle arti visive e non solo.
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E’ significativo come in un momento delicato e significativo dal punto socio-politico per la storia del Paese, proprio la Polonia si ritrovi, quasi per caso, ad ospitare la città regina della cultura continentale. A fine ottobre infatti il partito guidato da Jarosław Kaczinski, PiS (Prawo i Sprawiedliwość, tradotto in italiano Diritto e Giustizia), ha ottenuto una schiacciante vittoria alle elezioni legislativa, conquistando la maggioranza assoluta dei seggi alla Sejm, la Camera dei Deputati del parlamento. La piattaforma nazional-conservatore ha ottenuto uno schiacciante successo cavalcando l’onda dell’euroscetticismo e della fobia nei confronti dei migranti e dei rifugiati siriani. Un generale sentimento di intolleranza e chiusura nei confronti del quale l’attività che si svolgerà a Wrocław per tutto il prossimo anno sembra rappresentare un interessante parafulmine.

 
Il multiculturalismo a Wrocław si respira girando la testa in ogni angolo: nonostante la seconda Guerra mondiale e l’avvento del regime socialista abbiano determinato un terremoto di tipo etnico-demografico, la presenza dei vecchi abitanti della città, ebrei e tedeschi in primis, è notevolmente visibile. Il passato teutonico passa attraverso la magnificenza del Rynek, la piazza centrale nella Stare Miasto (città vecchia), e dallo splendido palazzo del Municipio (Ratusz). Quella ebraica da uno dei cimiteri più belli e più curati d’Europa, vicino in magnificenza solo al cimitero di Praga narrato da Umberto Eco. Grande circa 5 ettari e ospitante qualcosa come 12.000 lapidi, annovera tra i suoi ospiti importanti esponenti del passato dell’intellighenzia ebraica, tra i quali Ferdinand Lassalle, una delle figure di spicco della socialdemocrazia tedesca dell’800.
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“Spazi per la bellezza”, il motto che abbiamo pensato per la manifestazione, significa trasformare la struttura della città. Il nostro secondo motto, “metamorfosi delle culture” rappresenta la chiave del multiculturalismo, e quindi dell’“identità della città”.  Così si è espresso Jarosław Fret, presidente del Consiglio dei curatori della manifestazione e direttore della parte riguardante le esibizioni teatrali. Centinaia di migliaia saranno gli eventi che riempiranno l’anno dell’evento. La parte relativa ai film non si occuperà solo di cinema polacco (con la partecipazione di Paweł Pawliskowski e della sua acclamata Ida), ma avrà anche un’ampia scelta di opere internazionali. Ampio spazio sarà dedicato anche ad un settore nevralgico come la letteratura: infatti la città occuperà una postazione di grande importanza dato che sarà per il 2016 anche la Capitale Mondiale del libro, decisione presa sia dall’UNESCO che dalle grandi associazioni internazionali dell’editoria. La parte dedicata alla musica avrà tra i dominatori anche il nostro Ennio Morricone, il quale celebrerà i 60 anni di carriera con un concerto nella suggestiva cornice della Hala Stulecia, il Palazzo del Centenario costruito nel 1913 per ospitare l’esposizione universale. Un nonno dell’attuale padiglione Italia di Expo 2015, solo senza code chilometriche e stand enogastronomici di lusso, nella quale durante la primavera/estate si può ammirare lo spettacolo pirotecnico delle fontane, o compiere una salutare passeggiata nello splendido giardino giapponese, all’interno del grande parco Szczytnicki. 
 
E’ difficile, parlando di quello che ospiterà Wrocław nei mesi a venire, non tornare sulle tematiche di stretta attualità che la Polonia sta vivendo. Un avvenimento così marcatamente europeo ed europeista (anche per i grandi fondi economici che l’Unione Europea metterà a disposizione) suona come un ossimoro se pensiamo a quanto l’elettorato abbia lanciato un monito di profonda distanza con quelle che sono le politiche e gli obbiettivi di Bruxelles. La forte spinta propulsiva che una manifestazione di questo tipo ha di solito però potrebbe anche tramutarsi in una sorta di mezzo attraverso il quale la società civile darà un segnale opposto a quello che è stato espresso attraverso le urne. Non possiamo stabilirlo ora, ma fa sempre piacere pensare che la cultura sia sempre il mezzo più efficace per arginare pericolose derive di isolazionismo ed intolleranza. La città, la Polonia e l’Europa, potrebbero avere la grande possibilità che si può andare ben oltre politici che dichiarano i rifugiati come “portatori di malattie e violenze”.
Scritto da Mattia Temporin.
In copertina: municipio di Wroclaw

Dentro e fuori la Polonia post elezioni

La Polonia decide di svoltare drasticamente a destra: il partito nazionalista PiS (Diritto e Giustizia) dell’ex primo ministro Kaczynski ha raggiunto la maggioranza assoluta dopo le ultime elezioni. La premier designata Beata Szydlo ha la possibilità, quindi, di formare un esecutivo senza coalizioni politiche e con oltre la metà dei seggi della Dieta (Sejim in polacco, la camera bassa del parlamento) disponibili. Non era mai successo dal 1989. Come non era mai successo che, dalla caduta dell’Unione Sovietica, ad entrare in parlamento fossero solo partiti di destra o di centro-destra lasciando fuori quelli tradizionalmente di sinistra. Foto 1

‘’Portiamo Budapest a Varsavia’’, recitava uno degli slogan in campagna elettorale e il rischio che la Polonia si trasformi in un’Ungheria stile Orbàn è più di una semplice ipotesi. Del resto l’ideologia nazionalista anti-europeista, xenofoba, e anti-immigrazione del partito di Kaczynski è ben nota. Tanto è vero che, sempre in campagna elettorale, la destra polacca sosteneva la necessità di fermare i flussi migratori perché ‘’portatori di malattie e minaccia alla sicurezza del Paese’’ (da La Stampa on-line del 25/10/2015) considerandoli un vero e proprio ‘’problema’’. Posizione che trova terreno fertile in Polonia anche perché buona parte della popolazione non ha visto di buon occhio il fatto che il governo precedente abbia accettato le quote di rifugiati richieste da Bruxelles. Non meno pesante è la dichiarata volontà di sottrarsi ai diktat europei e alla non adesione all’euro, rilanciando la crescita del Paese difendendo i valori cattolici e patriottici. La Polonia sarà un po’ meno tedesca, quindi, e sempre più lontana dall’orbita di Mosca a tal punto che si fa largo l’ipotesi di incrementare il numero di basi militari Nato sul suolo polacco.Foto 2 (1)

Gioisce Matteo Salvini che, appena dopo le elezioni, scrive sul suo profilo Facebook ‘’Grazie Polonia! Il libero voto dei polacchi è la vittoria di chi sogna un’Europa diversa, più attenta al lavoro e meno agli interessi di banche e multinazionali, incalzando sul tema dell’immigrazione ‘’ha stravinto chi vuole controllare l’invasione clandestina e pensa prima al lavoro e ai diritti della sua gente’’. Si schiera dunque a favore del nuovo governo polacco la Lega Nord, prospettando che presto una svolta radicale di tale portata arriverà anche in Italia. Chi non è contento è la cancelliera Angela Merkel che vede andare in fumo il processo di integrazione portato avanti con Varsavia negli ultimi anni, e l’ombra del sentimento anti-tedesco aleggiare sulla Germania.Foto 3 (1)

L’Europa sta vivendo un periodo di transizione: le elezioni polacche hanno messo in ginocchio il continente contribuendo alla nascita di un forte fronte anti-europeo e soprattutto ultranazionalista. Quali conseguenze porterà tutto ciò? È presto per dirlo, ciò non toglie che quello che aspetta l’UE potrebbe essere un futuro molto incerto.

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